15 luglio 2006

Capitolo II: Venezia, Parigi, Londra. Le citta' dell'amore.

BY LAJULES

Venezia non far la stupida stasera - Cenerentola a Parigi - London Fog

Sono sempre stata un’appassionata sostenitrice dell’amore internazionale. Anzi, dell’amore fuori dall’Italia, perche’ per noi italiani “internazionale” e’ un aggettivo solenne e splendido che vuol dire “tutti tranne noartri”. L’esterofilia amorosa diventa poi ancora piu’ determinata quando, come me, si viene da Mestre: un paradiso di archtiettura anni ’70 con vista sul Petrolchimico. Certo, ci metto 15 minuti di autobus a raggiungere Venezia, la citta’ piu’ romantica del mondo. Eppure non ho mai lasciato che il mio cuore si facesse abbindolare dalle nebbie salmastre, dal ticchettio dei passi nei campielli, dallo sciacquio sonnolento di una pantegana che lenta, attraversa un canale a nuoto. Ci sono troppe cose di Venezia che mi impediscono di pensare all’amore: il primo appuntamento rovinato dal coro di bestemmie dei fruttivendoli; eserciti di francesine in gita che rapivano lo sguardo del mio bello durante il primo bacio, e cosi’ via. Il Carnevale, poi… Maledettissimo! Il mio primo vero fidanzato, travestito da sveglia, arrivo’ in ritardo alla festa in Campo Santa Margherita e non lo rividi mai piu’.

Ma anche se ferita e sola, credevo sempre in una cosa: un giorno una metropoli straniera avrebbe portato la felicita’ che Venezia mi aveva sempre negato.

Il mio primo viaggio della speranza fu a Parigi, nel 1994. Io e mia sorella Damiana ci saremmo unite a dei nostri amici del mare e con loro sarebbe venuto un tenebrosissimo e dannato diciottenne che guardava sempre lontano, fumava sigarette mentolate e non diceva una parola. Le sigarette mentolate mi disgustavano, ma allora non ero la snob che sono oggi. Avevo sedici anni, parlavo e fumavo per quattro e durante le mie serate in spiaggia a dar fuoco agli ombrelloni e a bere Grand Marnier, mi ero inevitabilmente infatuata di lui. Ma le spiagge di Bibione non avrebbero mai potuto fare da testimone al nostro amore…Troppa mucilaggine e troppa techno. Mi convinsi che Parigi, che ci aspettava a Settembre, avrebbe fatto esplodere una passione magica e profonda. Ma Parigi mi tradi’. Seduta sui gradini della Locomotive, un locale dark di Pigalle, compativo il mio destino e guardavo il mio bello che fumava sigarette mentolate e continuava a non dire una parola. Per farla breve, il tenebroso ignoro’ me e i miei amici per tutta la vacanza. Il suo ennui aveva il passaporto internazionale, e io capii che non ci saremmo mai amati. L’ultimo giorno, il tenebroso mi chiamo’ da parte e, sottovoce, mi disse di avere un regalo per me. Tiro’ fuori dallo zaino una stecca di Marlboro mentolate e me le diede con un timido sorriso. Fumammo insieme una confusa sigaretta, e mai come prima mi sentii delusa e rinfrescata.

Alcuni anni dopo, mi trasferii a Londra, la citta’ dei miei sogni, culla della civilta’ che rispettavo. Ogni giorno sedevo in metropolitana e contemplavo e amavo segretamente i ragazzi piu’ belli. Con la loro gentilezza e serena eccentricita’ riempivano il mio cuore di fantasie psichedeliche e pulsioni sexy-imperialistiche. Per permettermi il costosissimo abbonamento della metropolitana, trovai addirittura un lavoro come barista, e il caffeinatissimo ccaffe’ londinese non fece che amplificare le mie perversioni, portandomi ad un delirio confusionale che segno’ la mia rovina. Prima che me ne rendessi conto finii intrappolata nella squallida e segreta realta’ delle comunita’ italiane impiegate da Starbucks. Un barista torinese alto e depresso mi sedusse e abbandono’, lasciandomi un criptico messaggio sul cellulare dove si definiva “una testa di minchia”.

Ma questo blog e’ sull’America, e fu proprio lei a ridarmi cio’ che Venezia, Parigi e Londra mi avevano sottratto con tanta crudelta’.

8 commenti:

Annina ha detto...

Chi ama città e uomini con simile forza avrà osservato le interazioni tra i due sentimenti. La prima volta che andai in Inghilterra, sbarcai con un tale carico di indefinito amore per il mio viaggio, che una parte di esso traboccò sulla persona più degna che in quel momento mi passò accanto. Venezia fu invece il teatro delle più crudeli delusioni amorose, sebbene i protagonisti delle stesse provenissero da altre parti d’Italia; eppure, non mi ha mai fatto effetto attraversare i ponti che fecero da sfondo alle “scene madri” di quei drammi. Credo che Venezia sia la mia mamma, dopotutto, ed è per questo che durante un Carnevale veneziano ha saputo risarcirmi dei dolori, offrendomi l’amore della mia vita ed un angelo sulla mia spalla che mi dicesse cosa fare.

Lajules ha detto...

Il Carnevale e' spesso treatro di grandi amori. I piccoli amori in maschera di possono capire, ma perche' molti invece trovano l'anima gemella? Chi ha una storia d'amore in maschera, la racconti, please. Io piu' tardi vi raccontero' di come mia sorella, vestita da vecchietta del West, riusci' a d incantare tutti i ragazzi di Piazza San Marco.

Lajules ha detto...

Se c'e' una cosa che mi manca dell'Italia e' il Carnevale. Mi manca da morire vagare in maschera per Venezia circondata dagli amici piu' cari, in un'atmosfera di liberta' e divertimento sfrenato. La maschera e' fondamentale: e' il personaggio segreto che sveliamo nel gioco. Se siamo alieni, a Carnevale scopriamo a che pianeta apparteniamo.
La maschera quindi dice la verita', o, nel caso di mia sorella, la riconferma.
In uno dei miei primi carnevali notturni, ero accompagnata da mia sorella Damiana. Lei aveva 15 anni , era come oggi un maschiaccio ribelle senza trucco e senza inganno, e tutti le morivano dietro. Quell'anno, decise di vestirsi da vecchietta del West. Indosso una lunga e larghissima gonna di pelle, una camiciaccia vecchia e sinta, un cinturone di piume, ed imbottiture varie che la protegessero dal Febbraio veneziano e che le facessero apparire come una che si nutre 3 volte al giorno di salsicce e fagioli. Come trucco, si ricopri' il viso di terra per imitare un'abbronzatura forzata e mai idratata. Infine, si raccolse i capelli in una coda e li cosparse di borotalco per renderli grigi e rinsecchiti.
Nonostante il travestimento, mia sorella riusci' a conquistare i cuori di tutti gli avventori di Piazza San Marco, lasciando basite le odalische e le Lorelle Cuccarini.
Cosa mi ha insegnato questa favola carnascialesca? Che se siamo fortunati, saremo riconosciuti per quello che siamo.

Anonimo ha detto...

E' ormai arcinoto il mio totale disinteresse per il Carnevale. Non posso però dimenticare che il connubio tra un Martedì Grasso e l'atmosfera della mia città (Venezia) abbia dato inizio ad una delle storie d'amore più lunghe ed importanti della mia vita. Non c'era tempo per far caso a pantegane natanti o a turisti ubriachi di varie nazionalità. C'era solo tempo per camminare per le calli e sui ponti di Venezia con la persona di cui mi stavo innamorando e che si stava innamorando di me, nell'attesa del primo bacio in piazza San Marco tra coriandoli e stelle filanti lanciateci dai passanti inteneriti.
Forse è per questo che il Carnevale a Venezia non suscita più il mio interesse, perchè mi ha già dato una giornata perfetta e dubito che potrà far di meglio.

Annina ha detto...

Oh Jules,
che delusione ti devo dare! Non ero in maschera, meno che mai lo era il mio bello, in quel periodo sul depresso andante (in realtà, essendogli poi passato all'istante il cattivo umore, suppongo che la depressione fosse solo una sua convinzione, un abito vecchio da smettere il prima possibile). Per la verità avevo passato la mia buona mezz'ora davanti allo specchio, a casa, per farmi un trucco (secondo me) pesantissimo e arricchito di lustrini, ma solo per sentirmi dire da un amico: "Meno male che stasera non hai perso tempo a truccarti! Guarda me, sono stato un'ora al trucco e non si vede nulla!". Ho passato un'infanzia di odio per il Carnevale, con i miei che per spirito di sobrietà mi negavano sempre il vestito dei sogni, e da adulta non sono riuscita a riscattarmi.

Annina ha detto...

Mi sono resa conto solo ora che la domanda della Jules potrebbe avere un interesse localistico e non coinvolgere affatto gli amici non veneziani. Nelle città in cui il Carnevale non ha una forte tradizione, l'evento si riduce forse ad una festa scolastica per piccoli Zorro e fatine dalle mani sudaticce che tirano coriandoli? E'vero? E'pregiudizio? Apro la questione

Anonimo ha detto...

Devo dire che sull'esterofilia amorosa ho fantasticato spesso anche io ma il tutto si è fermato lì... per ora vago tra le regioni d'Italia e con disappunto colleziono casi umani per il mio campionario di aneddoti da raccontare alle amiche sconsolate che dopo aver sentito le mie storie riacqustano sorrisi e speranze. Mah che sia il caso di far la valigia e partire?

Lajules ha detto...

Ah... i casi umani! Possibile che siano solo in Italia? Evitiamo di aprire una discussione socio-politica sul maschio italiano (ci vorrebbe un blog tutto per lui) e come Novy, facciamoci coraggio tra di noi. Solo distanziandoci con umorismo dai casi umani riusciremo forse a non cadere piu' in trappola. La verita' e' che i rari esemplari di uomini intelligenti, idealisti e rispettosi della donna vanno incoraggiati! Tutti gli altri vanno ignorati finche' non raggiungeranno l'estinzione. Certo parlo io che le valige le ho fatte e mai piu' rifatte...
Novy, i tuoi casi umani ci interessano e quindi facceli sapere! Ma non ci interessano i casi umani in quanto tali: ci interessa il parere e il racconto di una ragazza intelligente che deve potersi esprimere in liberta'. Se fosse su DeadChef poi, ne sarei proprio orgogliosa.