DI LAJULES
Diceva Prevert che "anche quando tutto sembra ormai perso, ci sarà sempre un buco nel muro
dell'inverno dove possa entrare la primavera più bella..." Adatto questi versi incantevoli alla pochezza della mia esistenza, per dire che anche in questo periodo di nervi a fior di pelle esiste, a Washington, un luogo cosi' gentile e perfetto, cosi' unico e accogliente, che ogni dramma e' dimenticato.
Il luogo e' il Mitsitam Café, ovvero la cafeteria del National Museum of the American Indian di Washington. Oltre a essere gratuito come la grande maggioranza dei musei della capitale, questo museo offre i piatti piu' interessanti che mi sia capitato di assaggiare. Il menu e' infatti basato su ingredienti e ricette dei Nativi Americani*: ci sono tutte varieta' variopinte di mais, le zucche, i pomodori, rape dalle mille forme, erbette a forma di tentacolo, salmone, bisonte, cacciagione, quinoa, e il wild rice, il riso lungo e nero tipico del Nord America.
"Mitsitam" nella lingua degli indiani Delaware significa "mangiamo!" e l'invito e' stato da me raccolto piu' e piu' volte.
Essendo una cafeteria, si deve prendere un vassoio e girare per i vari stand che offrono cibi delle cinque regioni americane principali. Ci sono insalate di trota, pesci cotti in foglie di banana, stufati di cacciagione, bistecche di bisonte, panini di mais blu, insalate di finocchio e arancia, fagioli alla melassa, e i tamales avvolti in una foglia di mais. Tutto e' squisito e abbondante, a prezzi onestissimi, e il menu' varia in continuazione.
In un senso, mangiare al Mitsitam Café e' l'esperienza americana per eccellenza: i piatti sono quelli originali e venno scodellati da signorotte sovrappeso sui vostri piatti riscaldati da mettere sul vassoio. Eppure credetemi che il Mitsitam Café e' tutto meno che una lugubre mensa. Sembra piu' un sogno meraviglioso in cui persino il fast food ha un cuore e una missione.
*Il dibattito sulla forma piu' corretta per riferirsi alle popolazioni americane precolombiane e' ancora acceso. "Nativi Americani" e' la forma accettata nei libri di scuola e nelle discussioni politically correct. "Indiani" va usato con discrezione, ma e' considerato corretto ed e' spesso preferito dagli interessati. Il modo migliore sarebbe riferirsi direttamente al nome delle singole popolazioni senza generalizzazioni. Insomma, e' meglio dire "veneziano" che dire "italiano" o "europeo".
11 commenti:
mi piacerebbe provare, mi sono state raccontate in proposito anche storie meno edificanti...
http://nonsisamai-nonsisamai.blogspot.com/2007/04/si-e-vero-vivo-nel-far-west-nonno_25.html
ad ogni modo, volevo dirti che mi sono trovata a leggere il tuo primo post, che bello! volevo dirtelo
In un certo senso, questo può essere il Bagdad cafè di cui parlavo in un commento a nonsisamai: un luogo caldo e accogliente per chi è straniero ed estraniato da una realtà a volte tanto diversa dal nostro modo di essere.
E questo post mi fa anche ricordare Strade blu, di William Least Heat-Moon, viaggio attraverso gli States lungo le strade provinciali e comunali alla ricerca delle proprie radici, anche culinarie.
Incredibile labelladdormentata, anche a me è venuto in mente "le strade blu" di William Least Heat-Moon! L'ho letto quando ero alle medie, ma non ho mai scordato il passo in cui lui descrive un rotolino croccante millefoglie di mais blu che si scioglie in bocca.
... questa cosa mi fa interessare di più a Washington!
:-)
a me è venuto in mente la trattoria Gigi il Troione anche li mi sono sentito "...straniero ed estraniato da una realtà a volte tanto diversa dal nostro modo di essere."
un po' come da noi, non sai mai se dire altoatesini; sudtirolesi, italiani, tedeschi, di madrelingua, mistilingue, bilingue,...mi hai incuriosito con la cucina dei nativi...ma contempla anche il sud america? saluti cat
Grazie per i paragoni, tranne quello di Papapolpo, che ritorna con il solito botto. Papapolpo permettimi anche di aggiungere che non ti ci vedo tanto estraniato da Gigi il Troione.
Cat: tra le cucine rappresentate ci sono anche quelle del Sudamerica, ma sempre native. Ci trovi i tacos e il pane fritto, ma non il burrito, per intenderci.
Cara lajules, sui rapporti tra papapolpo e Gigi il troione mi hai tolto le parole di bocca! Non aggiungo altro.
Io ci ho mangiato!!!!
E confermo la bontà delle pietanze e la curiosità nel provarle.
P.S. Papapolpo n.1!!!
Verissima l'ultima considerazione. Tra l'altro, esistono antipatie devastanti tra le varie etnie: basti osservare come certi Navaho guardino dall'alto in basso Sioux e Cheyenne.
Non mi piacciono le citazioni ma amo giocare al Trivial. In materia di buchi (e mantenendo un certo decoro), Prevert mi ricorda Confucio secondo cui le stelle sono fori da cui penetra l'infinito.
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