10 settembre 2008

GERARD ET MOI

DI LAJULES

Come potete leggere dal Fotoclick di questo mese, ho da poco ricevuto la carta verde e sono diventata una “permanent resident alien.” Almeno per i prossimi tre anni, devo stare attenta a non commettere reati, altrimenti mi risbattono nella mia cara Italia, tra le braccia dei miei cari, e a mangiare le delizie che sogno ad occhi aperti ogni giorno. Beh, magari…

Questa esperienza non ha potuto non ricordarmi la trama del filmetto con Andie MacDowell and Gerard Depardieu, Green Card. Moltissimi italiani hanno imparato come si ottiene una carta verde da quell film, e io sono una di loro.

In questo post, però, voglio smontare la montagna di bugie ed esagerazioni di quel film, nel caso vi interessasse sapere quanto è attendibile Hollywood in materia di immigrazione e diritti.

1) “Se hai un telefono, hai un avvocato”
Qui sopra ho citato lo slogan di uno studio di avvocati di Washington, ma sarebbe appropriato in tutti gli Stati Uniti. Ci sono moltissimi avvocati in America, e moltissimi specializzati in immigrazione. Non sono a buon mercato, ma certo stupisce che il personaggio di Andie MacDowell, che si poteva permettere un appartamentissimo con vivaio a Manhattan, non volesse spendere $2000 per un avvocato che la aiutasse a non commettere errori.

2) Toc-Toc, è l’ispettore dell’immigrazione!
Conosco diverse altre persone che hanno ottenuto la carta verde dopo il matrimonio, e nessuna ha mai ricevuto una visita a casa. Leggendo sul sito governativo, non ho trovato traccia di questa pratica. Insomma, nessuna improvvisata. Alec avrebbe potuto obiettare che questa non è una scusa per lasciare la casa come un porcile, ma amen.

3) Burocrazia, portami via
La richiesta per la carta verde avviene tramite milioni di certificati e documenti noiosissimi. Capisco che un film hollywoodiano faccia fatica ad raccontare questa realtà (forse ci sarebbe riuscito solo Elio Petri), ma non posso fare a meno di metterla in evidenza. L’unico momento degno di nota è stata la mia visita medica, eseguita da un medico bicentenario che mi ha vaccinato contro sei malattie infettive e ha anche trovato il tempo per farmi il test dell’HIV. A fine giornata, con tutte quelle inoculazioni, mi sentivo un po’ stranita. Tipo Bruce Banner un momento prima di trasformarsi nell’incredibile Hulk.

4) Album dei ricordi
Nel film, i protagonisti si scattavano foto come quella inclusa in questo post. Questo è forse l’unico dettaglio che corrisponde alla realtà. Alec ed io abbiamo portato un album di foto, ma, su consiglio dell’avvocato, abbiamo incluso per la maggior parte immagini che ci ritraevano con le nostre rispettive famiglie. Alla fine, nessuna coppia è un isola, come diceva John Donne prima di farsi prete.

5) Monticello!
Tutti ricordano come finisce il colloquio del povero Depardieu: si tradisce nel ricordare il nome della crema per il viso usata da Andie MacDowell, la stramaledetta “Monticello”. Peggio ancora, Depardieu sussurra: “Questa non la ricordo mai…” Per gli ispettori, non c’è dubbio: questo matrimonio non s’ha da fare! La veridicità di questo espisodio è facilmente criticabile anche per chi non ha mai avuto problemi di immigrazione: chi cavolo si ricorda i nomi dei prototti usati dal proprio compagno? Se mi avessero chiesto la marca della schiuma da barba di Alec, che avrei risposto? (OK, la so: Barbasol.) E poi, non è ovvio che una coppia si prepari ad un colloquio in cui sa che potrebbe essere messa sotto torchio? La nostra avvocatessa, la settimana prima del colloquio, ci ha suggerito di memorizzare dettaglio sulla nostra casa e cercare di ricordare dettagli sui nostri compleanni recenti.

Insomma, posso dire che Hollywood ha romanticizzato non poco un processo lungo e noioso, ma questo è sempre stato il ruolo del cinema americano. Da italiana, scelgo la via neorealista, ovviamente e il finale è sempre dolce-amaro: torno alla vita di prima, con gli affetti di prima, ma con $2000 in meno, e non posso neanche votare.

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